giovedì 22 gennaio 2009

Russia vs Ucraina, stop al gas

Il 2009 si è aperto all’insegna del conflitto diplomatico tra Russia e Ucraina a causa del blocco del gas operato dalla prima alla seconda. Ci si chiede se le motivazioni siano state effettivamente politiche o se ci sia dell’altro. Il braccio di ferro tra le due parti sembrava non portare ad una conclusione soddisfacente per nessuna delle due. L'Ucraina accusava Gazprom (la società del gas russo) di aver imposto condizioni impossibili. Il presidente russo Medvedev ha quindi ordinato al colosso energetico Gazprom di bloccare il flusso. L'Europa è stata colpita di riflesso da questa crisi ed ha dovuto ricorrere alle scorte e ridurre le forniture ad aziende e abitazioni. Sulla questione era intervenuto addirittura il presidente della Ue Josè Manuel Barroso, che aveva minacciato entrambi i paesi di azioni giudiziarie se i rifornimenti di gas non fossero ristabiliti al più presto. La vicenda ha vauto diversi attori e queste erano le loro motivazioni.
Gazprom accusava la società ucraina di idrocarburi Naftogaz di non aver accettato il transito del gas russo atraverso la stazione del gas di Sudja, vicino la frontiera. Successivamente Gazprom, sotto incarico del presidente russo Dmitri Medvedev, ha bloccato il transito di gas russo verso l’europa e ha valutato le perdite. Dal 1 gennaio scorso infatti il monopolista russo sostiene di aver perso più di 1 miliardo di dollari di ricavi a causa della crisi con l’Ucraina. Le reazioni degli altri paesi non sono tardate.
La Serbia, che importa giornalmente oltre 10 milioni di metri cubi di gas russo, ha valutato un’azione legale contro l’Ucraina visto che ha risentito della mancanza di forniture.
L’Italia per fortuna non ha accusato la crisi quanto altri paesi, grazie ai suoi stoccaggi e alle massimizzazioni. Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, parlando di fronte alle commissioni riunite Attività Produttive di Camera e Senato, ha tuttavia affermato che per ridurre la vulnerabilità energetica dell’Ue, è necessario diversificare le fonti di approvvigionamento e dotarsi di ulteriori gassificatori che consentano di essere più indipendenti, soprattutto alla luce di questi rischi crecenti di natura geopolitica.
Martedì 20 gennaio finalmente la svolta. La società statale dell'energia ucraina Naftogaz ha iniziato di mattina a pompare gas in transito dalla Russia all’Europa, dopo la firma dell’accordo e i colloqui notturni tra Mosca e Kiev. Il suddetto accordo prevede un contratto di 10 anni tra i due paesi. L’unione Europea ha aggiunto che non riterrà finita la crisi finchè un’apposita commissione non avrà constatato che il gas ha raggiunto i Paesi del blocco. Il primo Ministro ucraino, Yulia Tymoshenko, ha detto dopo i colloqui a Mosca che in base al nuovo contratto il suo Paese pagherà circa 230 dollari per mille metri cubi di gas nel 2009 mentre l'amministratore delegato di Gazprom ha detto a Medvedev che l'Ucraina acquisterà il gas per 360 dollari per mille metri cubi nel primo trimestre dell'anno. Tutto è bene ciò che finisce bene ma una cosa è certa, l’Ue deve rendersi più indipendente per saper affrontare più facilmente future crisi energetiche.

Obama, la svolta storica

Barack Obama è il primo presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti. Una vittoria non solo unica nel suo genere ma importantissima perchè è dimostrazione di quanto le minoranze (e non solo) si siano unite per ottenere un vero cambiamento. Ed è questa volontà di cambiamento che il nuovo presidente dovrà appagare. Con azioni concrete che contribuiscano a cambiare un mondo che chiede soluzioni diverse a problemi sempre più pressanti. Obama deve la sua vittoria anche ad un mezzo che oggi più che mai è entrato a far parte della vita di tutti: Internet.
Grazie a questo strumento e agli sms il presidente ha raccolto molti consensi e ottenuto moltissime donazioni che gli hanno permesso
di portare avanti una campagna elettorale molto costosa. Inoltre a vincere è stata la speranza: Obama ha ridato vita all'ottimismo per
il futuro e questo dovrebbe portare a degli effetti positivi sullo sviluppo in settore economico e sociale. E' riuscito a portare al voto categorie che non credevano nelle elezioni o che non credevano in lui. Ad esempio gli ispanici all'inizio gli erano ostili, preferivano gli altri candidati ma in seguito li ha convinti e non senza sforzi. E ora dovrà cercare di mantenere le promesse fatte e tenere conto di un elettorato molto eterogeneo che ha voluto credere in lui e nell'ondata di cambiamento che è stata il suo baluardo in queste ultime elezioni.
Tutte le soluzioni ai diversi problemi che affliggono l'America e il mondo non verranno risolte nell'arco di una notte. Questo è ovvio.
Obama è un presidente molto giovane, il quinto presidente più giovane della storia Usa, anche questo infatti ha contribuito alla sua vittoria.
Il popolo americano sentiva il bisogno non solo di rinnovare ma anche di svecchiare il governo. Ovviamente l'essere più giovane dei suoi predecessori farà pesare ulteriormente le responsabilità che lo aspettano e all'inizio potrebbe deludere per questa sua inesperienza in campo politico ma il neopresidente ha già detto che apprezzerà le proposte dei repubblicani ogni qualvolta saranno costruttive per il bene comune e che si avvarrà di tutto l'aiuto necessario per operare nel migliore dei modi e meritare la fiducia riposta in lui.
Ma quali sono le sfide che Obama intende affrontare?
Innanzitutto la crisi economica che preme sugli Stati Uniti.
Riformare il modo in cui funzionano i sistemi finanziari, far si che il flusso degli investimenti ricominci; per far questo bisogna ripristinare la fiducia e le aperture di sistema. Occuparsi della crisi immobiliare e stabilizzarla. Sul lungo periodo, garantire la salvaguardia dei posti di lavoro. Dare una spinta al settore privato.
E per quanto riguarda l'estero?
Congelare i processi per i sospetti terroristi detenuti a Guantanamo, aprire un dialogo costruttivo col mondo islamico non radicale e annientare il terrorismo internazionale.
Il presidente Obama ha inoltre parlato telefonicamente con i quattro leader del Medio Oriente (Israele,Egitto,Giordania e Autorià Palestinese) dicendo che intende
dare il suo contributo per un cessate il fuoco duraturo e che intende lavorare con la comunità internazionale per raggiungere questo scopo.
Per quanto riguarda l'impegno americano in Afghanistan, la nuova presidenza statunitense apre un'era promettente di dialogo. Un'era nella quale Stati Uniti e Afghanistan dovranno affrontare sfide sempre più difficili nell'ambito della guerra contro il terrorismo, il traffico di droga e il fondamentalismo islamico; sfide che andranno affrontate con sforzo comune, ha detto il presidente afghano Hamid Karzai.
Queste dunque le grandi prove che attendono Obama e che, non solo il popolo americano, ma tutto il mondo occidentale, spera che supererà con lo stesso spirito positivo e forza d'animo che lo hanno reso determinato e portato a diventare presidente degli Stati Uniti d’America.