
Gazprom accusava la società ucraina di idrocarburi Naftogaz di non aver accettato il transito del gas russo atraverso la stazione del gas di Sudja, vicino la frontiera. Successivamente Gazprom, sotto incarico del presidente russo Dmitri Medvedev, ha bloccato il transito di gas russo verso l’europa e ha valutato le perdite. Dal 1 gennaio scorso infatti il monopolista russo sostiene di aver perso più di 1 miliardo di dollari di ricavi a causa della crisi con l’Ucraina. Le reazioni degli altri paesi non sono tardate.
La Serbia, che importa giornalmente oltre 10 milioni di metri cubi di gas russo, ha valutato un’azione legale contro l’Ucraina visto che ha risentito della mancanza di forniture.
L’Italia per fortuna non ha accusato la crisi quanto altri paesi, grazie ai suoi stoccaggi e alle massimizzazioni. Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, parlando di fronte alle commissioni riunite Attività Produttive di Camera e Senato, ha tuttavia affermato che per ridurre la vulnerabilità energetica dell’Ue, è necessario diversificare le fonti di approvvigionamento e dotarsi di ulteriori gassificatori che consentano di essere più indipendenti, soprattutto alla luce di questi rischi crecenti di natura geopolitica.
Martedì 20 gennaio finalmente la svolta. La società statale dell'energia ucraina Naftogaz ha iniziato di mattina a pompare gas in transito dalla Russia all’Europa, dopo la firma dell’accordo e i colloqui notturni tra Mosca e Kiev. Il suddetto accordo prevede un contratto di 10 anni tra i due paesi. L’unione Europea ha aggiunto che non riterrà finita la crisi finchè un’apposita commissione non avrà constatato che il gas ha raggiunto i Paesi del blocco. Il primo Ministro ucraino, Yulia Tymoshenko, ha detto dopo i colloqui a Mosca che in base al nuovo contratto il suo Paese pagherà circa 230 dollari per mille metri cubi di gas nel 2009 mentre l'amministratore delegato di Gazprom ha detto a Medvedev che l'Ucraina acquisterà il gas per 360 dollari per mille metri cubi nel primo trimestre dell'anno. Tutto è bene ciò che finisce bene ma una cosa è certa, l’Ue deve rendersi più indipendente per saper affrontare più facilmente future crisi energetiche.
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