domenica 24 febbraio 2008

Italia, tartaruga europea

L’Italia cresce meno della media europea secondo le stime diffuse dalla Commissione UE. Questo è un dato di fatto. Il nostro Pil nel 2008 crescerà dell’1,4% contro il 2,2% circa degli altri paesi europei. Tuttavia il nostro debito pubblico cala più del previsto e questo è positivo. Nel 2007 scenderà al 104,3%. Nel 2008 arriverà al 102,9%. Le nuove previsioni sono quindi migliori, almeno per questo dato, sia delle precedenti stime di Bruxelles (105% e 103,1%) sia di quelle del governo italiano contenute nella Finanziaria (105% e 103,5%). "Il debito pubblico italiano" spiega ancora la Commissione Ue "è previsto leggermente in calo anche nel 2009, al 101,2%". Gli esperti di Bruxelles affermano che la Finanziaria non adotta misure volte a frenare l’aumento della spesa pubblica. Ecco perché il deficit del 2008 è previsto al 2,3% rispetto al 2,2% calcolato dal governo italiano. Quest'anno a causa della diminuzione delle importazioni, in particolare di beni energetici, le esportazioni nette daranno un contributo positivo al Pil anche se nei servizi, turismo incluso, vanno nella direzione opposta. L'anno prossimo aumenteranno le importazioni grazie al cambio forte e l'Italia "continuerà a perdere quote di mercato misurate in volume". E così nel 2009. Secondo Luigi Biggeri, presidente dell'Istat, il Paese può crescere solo se aumenta il reddito delle famiglie e se le imprese sceglieranno di investire a medio e a lungo periodo piuttosto che puntare sulla redditività. Azioni queste che fino ad ora hanno costretto il sistema produttivo italiano a rimanere indietro rispetto agli altri paesi europei. Ma non solo. Motore della ripresa è anche il Mezzogiorno che nonostante presenti «situazioni dinamiche» continua a denunciare una maggiore difficoltá rispetto alle altre aree della penisola. La ripresa italiana è significativa nell'industria, mentre è ancora modesto il contributo dei servizi. L'occupazione cresce, ma resta un differenziale del 7% circa al resto dell'Unione europea. Molto difficile la situazione occupazionale del Sud, che non riesce a ridurre la distanza dal resto dell'Italia e dell'UE e dove è molto diffuso il lavoro irregolare, in molte zone vicino o superiore al 20%, pari a circa tre volte quello che si registra al Nord. L'Italia, osserva il premier Romano Prodi commentando il rapporto Istat, ha tre anomalie: la situazione del meridione, l'invecchiamento demografico, le difficoltà a entrare nel mondo del lavoro da parte di giovani e donne. Secondo il Presidente del Consiglio dai dati statistici emerge in particolare che «la partecipazione al lavoro, soprattutto femminile e giovanile, è simile ai dati del Nord-Africa e non del resto d'Europa». Il secondo problema, osserva Prodi, «è il grande invecchiamento della popolazione e quindi anche il costo di tale invecchiamento. Il terzo, è l'attuale stato delle cose nel Mezzogiorno dove si concentra gran parte del lavoro nero». Queste - ha concluso- «sono le tre piaghe con le quali abbiamo a che fare per mettere il Paese a posto nel futuro». Un’altra nuvola nera che aleggia su di noi è rappresentata dagli scarsi investimenti internazionali. Negli ultimi dieci anni (1997-2006) l'Italia è riuscita ad attirare solo 128,8 miliardi di dollari in investimenti esteri diretti, conquistando così a malapena l'11a posizione tra i 30 Paesi più sviluppati del mondo e lontana dai partner con cui normalmente viene messa a confronto, cioé Francia, Germania e Gran Bretagna. Sullo stesso periodo, infatti, Londra (terza grazie agli investimenti Usa nei servizi pari a 54 miliardi nel solo 2006) ha raccolto 797,2 miliardi, seguita da Francia (480,8 miliardi) e Germania (473,2 miliardi). Paesi con costo del lavoro e fiscalità paragonabili al nostro. L’OCSE ritiene che ciò dipenda dalle rigidità tipiche dell'economia italiana, come la governance delle imprese più grandi e l'ostilità politica alla proprietà straniera. Naturalmente anche altri Paesi hanno gli stessi problemi ma non con la stessa concentrazione e costanza nel tempo. Quindi per risollevare le sorti italiane bisognerebbe incentivare in primis gli investimenti, sia esteri che da parte delle aziende di casa nostra, azzerare debito pubblico e disavanzo e infine promuovere una concorrenza più forte per diventare competitivi. L’Italia ha tutte le carte per tagliare questi traguardi. Speriamo che le sappia giocare bene e che da tartaruga si trasformi in lepre.

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