martedì 6 maggio 2008

Il Garante dice stop alle rendite sul web

L’Authority per la Privacy ha ordinato il blocco della visione dei redditi online, ribadendo che la decisione di rendere disponibili gli elenchi sul sito dell'Agenzia delle entrate è illegittima. Al termine della riunione di consiglio si è inoltre reso pubblico che l'Agenzia guidata da Massimo Romano "dovrà quindi far cessare definitivamente l'indiscriminata consultabilità, tramite il sito, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi per l'anno 2005". Secondo l'Authority la decisione dell'Agenzia contrasta con la normativa in materia. Il Dpr 600 del 1973, al quale si è appellato Romano per motivare la sua azione, precisa che al direttore dell'Agenzia delle entrate "spetta solo il compito di fissare annualmente le modalità di formazione degli elenchi delle dichiarazioni dei redditi, non le modalità della loro pubblicazione".

E attualmente, per le dichiarazioni dei redditi, il Garante dice che "la legge prevede unicamente la distribuzione degli elenchi ai soli uffici territoriali dell'Agenzia e la loro trasmissione ai soli comuni interessati e sempre con riferimento ai contribuenti residenti nei singoli ambiti territoriali".

L'Autorità, presieduta da Francesco Pizzetti, ha invalidato anche l'altra tesi esposta da Romano nei chiarimenti formulati, vale a dire che l'uso di Internet sia una novità "relativa" perché da tempo i mezzi di informazione pubblicano le dichiarazioni dei redditi.

L'inserimento on line dei dati, infatti, "appare di per sé non proporzionato rispetto alla finalità della conoscibilità di questi dati", dice il Garante, per il quale "l'uso di uno strumento come Internet rende indispensabili rigorose garanzie a tutela dei cittadini".

"L'immissione in rete generalizzata e non protetta dei dati di tutti i contribuenti italiani (non sono stati previsti 'filtri' per la consultazione on line) da parte dell'Agenzia delle entrate ha comportato una serie di conseguenze: la centralizzazione della consultazione a livello nazionale ha consentito, in poche ore, a numerosissimi utenti, non solo in Italia ma in ogni parte del mondo, di accedere a innumerevoli dati, di estrarne copia, di formare archivi, modificare ed elaborare i dati stessi, di creare liste di profilazione e immettere ulteriormente dati in circolazione, ponendo a rischio la loro stessa esattezza".

L'Autorità si riferisce ai molti naviganti che, utilizzando software peer to peer (primo fra tutti Emule), hanno effettuato il download delle liste rendendo molto più difficile regolarne l'uso e la diffusione.

"Tale modalità ha, inoltre, dilatato senza limiti il periodo di conoscibilità di dati che la legge stabilisce invece in un anno".

L'Autorità ha poi rilevato che "non è stato chiesto al Garante il parere preventivo prescritto per legge" e per questo farà una multa all'Agenzia delle entrate.

Proprio per questo, “qualora Parlamento e governo intendano mutare la normativa, si porrà l'esigenza di individuare, sentita l'Autorità, soluzioni che consentano un giusto equilibrio tra forme proporzionate di conoscenza dei dati dei contribuenti e la tutela dei diritti degli interessati”, sottolinea la nota.

Il Garante ha chiarito infine che va considerata illecita anche "l'eventuale ulteriore diffusione dei dati dei contribuenti da parte di chiunque li abbia acquisiti, anche indirettamente, dal sito Internet dell'Agenzia". Chi non si adegua può esporsi "a conseguenze di carattere civile e penale".

Il provvedimento del Garante finisce intanto nelle mani dei magistrati. La procura di Roma, che ha dato il via nei giorni scorsi ad un procedimento per violazione della privacy, ha chiesto di avere “la delibera dell'Authority per valutare eventuali iscrizioni sul registro degli indagati”.

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