mercoledì 12 marzo 2008

Montesquieu, leggi e politica dei nostri giorni

Montesquieu con lo Spirito delle leggi afferma che queste ultime cambiano a seconda della nazione, che devono essere in armonia con la natura dell’ambiente fisico e con il governo costituito in quello specifico territorio. Tutte le relazioni che le leggi giuridiche instaurano con ciò che le circonda e che fa parte della nazione nella quale vigono, formano quello che si chiama spirito delle leggi; l’anima delle leggi risiede nel paese dove sono state scritte. Pensare di poter applicare in modo arbitrario le leggi di una nazione ad un’altra è assurdo in quanto ogni nazione differisce dall’altra: cambiano usi, costumi, ricchezza, religione, numero di cittadini, le loro inclinazioni e cambia anche il grado di libertà compatibile con la costituzione. Ciò che va bene in un paese può non andar bene in un altro. Inoltre Montesquieu esalta la democrazia opponendola al dispotismo ma afferma che essa è corruttibile e che se lo spirito di eguaglianza eccede, cioè quando il popolo vuol fare tutto da sé, è facile che nasca un’aristocrazia o una dittatura. Partendo dalla considerazione che “il potere assoluto corrompe assolutamente” egli analizza i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Se i primi due sono nella mani di un’unica persona il cittadino corre il rischio di diventare un suddito. Ritiene che sarebbe molto democratico se ogni cittadino potesse dire la sua in materia di cosa pubblica ma visto che ciò sarebbe troppo disordinato e richiederebbe tempi troppo lunghi nei grandi stati, bisogna che il popolo elegga dei rappresentanti che parlino per lui. Il diritto al voto tuttavia è solo di chi è proprietario di qualcosa quindi si basa sulla stratificazione sociale. In conclusione può dirsi veramente libera solo quella costituzione nella quale chi detiene il potere non ne abusi. Per evitare ciò non rimane che mettere in mani diverse i poteri sopra enunciati in modo che ciascuno limiti l’altro. Ma quando il potere legislativo sarà corrotto il popolo perderà la propria libertà. Tutto questo è di grande attualità. In Italia ad esempio non sembra ci sia una divisione così netta dei poteri. Basti notare come l’ultimo Governo abbia occupato tutte le posizioni più rilevanti con suoi esponenti, la magistratura agisce sotto la spinta di fini politici o in base a quello che dicono i mass media, senza contare l’enorme potere economico delle grandi corporazioni che influisce in tutti i campi in particolare quello politico. Le leggi non tutelano più il cittadino ma solo chi le fa. Ciò che diceva M., il concetto di liberalismo, una società eterogenea nella quale governare bene dipende dal dividere in modo giusto il potere, è divenuto solo un’utopia. Oggi coloro che dovrebbero rappresentare i cittadini perseguono solo i propri interessi e pur di non abbandonare le posizioni di potere fanno promesse che poi non mantengono. Il cittadino ormai è tale solo formalmente perché in realtà è divenuto più simile ad un suddito, costretto ad eleggere pescecani mascherati da paladini della democrazia.



Ora vorrei spiegare perchè ho parlato della situazione attuale nella parte finale della scheda. A differenza di ciò che molti miei colleghi hanno pensato (sorridendo sarcasticamente e parlando mentre stavo cercando di spiegare con estrema calma) non sto mettendo in discussione la democrazia, o tale che sia, che vige nel nostro paese. E' chiaro come il sole che chiunque vinca le elezioni- anche se nelle ultime Prodi ha vinto per poche migliaia di voti (e bisogna ancora accertarsi se siano stati veri o fittizzi)- ha il diritto di governare come vuole e di mettere (se vuole) solo propri esponenti alla guida dei ministeri e delle istituzioni varie. Però in una situazione come quella in cui giaceva il nostro paese, spaccato in due, sarebbe stato maturo e responsabile da parte del neo-premier accettare la proposta dell'opposizione e collaborare per risolvere i problemi della nazione. Invece forti della vittoria "schiacciante", Prodi e Company hanno sbattuto la porta in faccia a Berlusconi, il quale verso la fine del governo Prodi rifiutò il dialogo perchè aveva capito che quest'ultimo stava per crollare e che voleva salvare il salvabile offrendo all'opposizione ciò che in precedenza aveva lui stesso arrogantemente rifiutato. Questo che dico non è aria fritta ma è un fatto che chiunque avesse seguito un minimo di telegiornali durante questi ultimi 2 anni saprebbe benissimo. E' indiscutibile che in situazioni nelle quali è urgente risollevare le sorti di un paese, la maggioranza e l'opposizione dovrebbero mettersi intorno ad un tavolo e cooperare per arrivare al bene generale. Invece si è assistito ad una maggioranza che non ha lasciato nè la presidenza della Camera nè quella del Senato all'opposizione, che si è sbrigata ad occupare le poltrone dei ministeri, a dissanguare i cittadini con tasse assurde per fare in poco tempo ciò che andrebbe normalmente fatto in diversi anni e ad annaspare pur di arrivare alla soglia minima dei 2 anni pur di ottenere la pensione per i propri parlamentari. Tutto ciò non solo è disgustoso ma anche triste in quanto l'Italia dovrebbe essere un paese civile come la Francia, la Spagna e la Germania e potrebbe essere migliore di tutti e tre questi paesi ma purtroppo ha una classe politica mediocre tranne poche eccezioni e i cittadini ne pagano il prezzo.

ps- Quando Prodi vinse le elezioni sentivo molta gente che si vantava di averlo votato, alcuni conoscenti lo votarono solo per fare un dispetto a Berlusconi (anche se alla fin fine il dispetto lo hanno fatto a se stessi e a tutto il paese) quindi non condividevano affatto le idee della Sinistra. Quando apparve chiaro che Prodi non era capace di governare quelle stesse persone ne parlavano male e quando cadde affermavano addirittura di non averlo votato...ma questa è un'altra storia che ha come soggetto l'incoerenza di coloro che votano senza pensare e non mi va di parlarne ora...

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